domenica 7 aprile 2013

34 Hukio-e. La grande Lezione

E' impossibile sfuggire al fascino delle stampe giapponesi, e quando in qualche modo si pratica la stampa, viene naturale il desiderio di conoscere il procedimento che produce una così raffinata eleganza.
L'arte della xilografia giapponese è una disciplina con regole precise, che veniva praticata da soggetti addestrati dall'infanzia, e sopravvive grazie all'opera di alcuni soggetti che ne coltivano i metodi con grande cura ed abilità. Opportuno citare il Maestro David Bull, anglo canadese stanziato in Giappone, il cui sito woodblock.com è fonte preziosa di insegnamenti e delizioso da guardare.
Guardando ed informandomi, ho pensato di poter rubare qualcosa da usare nei limiti delle mie capacità, per produrre pezzi multipli da poter vendere a cifre possibili, arricchendomi, se non di quattrini, della pratica di un linguaggio affascinante. 

               
Pasqua 2013
Capodanno 2013
     
















Dopo svariati esperimenti condotti con materiali e strumenti  molto lontani dall'eccelsa qualità nipponica di lame, legni e carte, arrivai a strutturare un mio metodo che esemplifica stilemi consolidati nei secoli. Facendo grazia di tutti i patetici tentativi buttati via, sono riuscito a completare due biglietti augurali, in formato 10x15, il primo addirittura realizzato da matrice unica, i colori sono ottenuti da pigmenti legati con glucosio e stesi a pennello sulla matrice intagliata, in due passaggi. Ne risulta una sorta di acquerello, ed ovviamente le copie presentano lievi differenze, il che, se ci allontana dalla proverbiale omogeneità giapponese, può offrire spunto per cercare e provare, producendo una serie di multipli, ciascuno però con carattere singolare. Compresi presto, comunque, l'utilità di usare più matrici, ponendo cura estrema nella posa a registro. Va da sè che l'intaglio dei registri deve essere della massima precisione, tutti i miei  tentativi di utilizzare registri esterni alle matrici produssero risultati pessimi. La stampa avviene posando il foglio inumidito sulla matrice e strofinandone il dorso con una sorta di tampone chiamato "baren", strumento particolare che, grazie alla sua elasticità, trasmette la giusta pressione. Io mi sono arrangiato fasciando con stoffa una spazzola di plastica ed aiutandomi con un semplice rullo di gomma, può darsi che si possa ottenere qualcosa di buono col torchio, ma le prove fatte non furono incoraggianti.


Baren è il nome del tampone usato dagli stampatori giapponesi.
I attesa di procurarmene uno, mi arrrangio con qualunque cosa possa esercitare una pressione elastica.

Questa foto e la successiva mostrano la posa del foglio verso il registro.
Il foglio aderisce al legno per via del legante, abbondantemente contenuto nei colori.
Gli stampatori virtuosi non fermano il foglio con la mano manca,
è comunque utile considerare la cornice bianca per non fermare con le dita il percorso del baren
(o del rullo)


Un discorso complesso andrebbe fatto circa la carta, della quale sono ancora in cerca: deve assorbire senza spandere, tenere l'umido per i vari passaggi e non mattare il colore, mantenendo un aspetto gradevole anche dopo l'inevitabile strapazzo. Essendo proibitivi i prezzi delle carte giapponesi di peso consistente, sono arrivato alla nostra Fabriano Tiepolo da 300 g. 100% cotone, che dà risultati prevedibilmente possibili, ma resta questione aperta l'equilibrio fra umidità della carta, densità del colore, efficacia della pressione. Del resto, mi risulta che quelle pregevoli carte realizzate da artigiani in via d'estinzione, richiedono delicatissima preparazione con appretti o colle particolari per poter ricevere la stampa, quindi... 

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