Non è un gran divertimento, tirar righe e far quadrati o cerchi, e si vuole praticare il colore, ma agli inizi si va piano.
Per svagarsi un po', una volta che si è capito come si raffigura un solido, si può passare a disegnare oggetti diversi, considerato che ogni oggetto è riducibile a forme geometriche, pure o diversamente composte, e, posti che si siano i vari oggetti su di un piano, curando che stiano bene assieme, in un'armonia che il gusto di chi disegna saprà trovare, si potrà eseguire una"natura morta", quindi colorarla, creando un quadro finito. Si può copiare dal vero, posando gli oggetti che abbiamo a disposizione, ma anche un esercizio di fantasia è utilissimo, si possono anche rappresentare gruppi di solidi inventati, l'importante è gestirne la collocazione nello spazio tramite la modulazione di luci ed ombre. La natura morta non è da considerare un genere minore: questa pratica pittorica ha generato opere di artisti importanti, uno per tutti, Giorgio Morandi. Caravaggio, da parte sua dà egual dignità al dipinger persone ed oggetti di natura, nè mancano fruttiere, vasi e fontane squisitamente rappresentati nelle pitture pompeiane. Nel campo della decorazione, poi, la riproduzione di elementi di natura ed oggetti, fornisce tutto quel repertorio utilizzato per cornici, stemmi, capitelli eccetera. Troppo spesso decoratori, peraltro con eccellente professionalità, rappresentano modanature, foglie d'acanto, rosette, ovuli, eccetera senza aver mai copiato nulla di ciò dal vero, utilizzando degli standard perpetrati nei secoli, che finiscono per diventare stucchevoli. Tornando alla pratica, si potranno usare dei colori in tubetto, della qualità migliore che ci si può permettere, ma io suggerisco di cominciare da subito a familiarizzare con le terre, sempre cercando di avere il meglio: la qualità dei materiali è importante per la buona riuscita del lavoro e per non perdere il buon umore lavorando, anche se spesso tocca fare di necessità virtù: un buon artiere cava sangue dalle rape. a questo proposito, mi sento di suggerire, per chi gravita in area Milanese, la Bottega del Colore in via Giacosa 39, della ditta Marelli che fornisce materia prima a molte situazioni operative senza trascurare singole persone, anche con risorse modeste, mettendo a disposizione una solida competenza. Non mancano comunque rivenditori affidabili, vanno cercati. Useremo un buon cartone da disegno, liscio o ruvido, ma bello pesante, ed inizialmente impasteremo con la sola acqua, meglio se distillata, ma non sarà di danno la comune acqua di rubinetto. E' consigliabile tenere in un vasetto con coperchio una piccola quantità di pigmento, aggiungendo acqua per formare una pasta, di cui andremo via via prendendo la quantità utile, allungando con più o meno acqua, a seconda dell'intensità che serve, usando una tavolozza di plastica o un vecchio piatto o qualunque superficie non assorbente. Per cominciare, meglio prendere poche terre cromatiche: si può partire con la Terra di Siena, naturale e bruciata, una Terra Gialla, Terra Verde e Terra d'Ombra, più un Bruno scuro (Van Dijck, Terra di Kassel) e Bianco di Titanio, che è il più coprente; si può tenere sottomano anche un Bianco di Zinco Volendo un Azzurro, quello di Cobalto è il meglio e più versatile, ma può servire anche un Oltremare da muro, più economico, e questo assortimento, per ora, può bastare. Infinita è la schiera dei rossi, per cui suggerisco di approcciarla in un secondo tempo, essendo il rosso un colore difficile da gestire proprio per la sua grande efficacia, ma non è disdicevole disporre di un Rosso di Cadmio medio da usare con estrema parsimonia. E' chiaro che una tavolozza così limitata permetterà un limitato numero di tinte, ed è qui che il gusto dell'artista interviene, adattando ai propri mezzi i colori di quel che vede e vuole dipingere: varie nuances si ottengono mischiando i colori dello spettro, diciamo che coi colori primari(giallo rosso e blu) possiamo fare tutte le tinte, come ci può dimostrare la stampa in quadricromia, ma qui usiamo colori già risultanti da mescolanze cromatiche naturali, con ulteriori possibilità di mescola limitate, in cui intervengono anche le caratteristiche chimiche dei vari pigmenti. Inoltre è consigliabile fare i primi lavori in monocromo, servenoci del bruno, che potremo modificare con la terra verde, raffreddanolo con un pizzico di azzurro. Si nota che nella lista dei colori ho tralasciato il nero, che personalmente uso pochissimo, ritenendolo pericolosissimo, ma altre scuole di pensiero ne sostengono l'uso costante, perfino in minima aggiunta ad ogni tinta, Savinio lo definisce "pane della tavolozza", il Tiepolo ne traccia i formidabili disegni per i suoi affreschi, ma molti preferiscono tracciare con tinta neutra, e questo indirizzo mi sento di trasmettere, ciascuno potrà poi scegliere come procedere, la regola è che non esistono regole. Di pennelli ce n'è una varietà infinita per numero e conformazione, e ciascuno sceglie i suoi preferiti man mano che si impratichisce. Si può cominciare con dei buoni pennelli tondi di pelo sintetico, due o tre numeri fra il 2 e il 10, ci permetteranno di lavorare su formati non grandi, diciamo 30x40. Tengo a precisare che il pelo sintetico si trova di varie qualità e prezzo, quindi orienterei qui la scelta, risparmiando martore e scoiattoli, il cui pelo, fra l'altro, è esposto all'assalto dei batteri, valga il fatto che le setole animali sono sconsigliate, quando non proibite, dai medici odontoiatri. Lavare comunque i pennelli, pulendo bene l'attaccatura, alla fine di ogni seduta, acqua e sapone di Marsiglia sono il meglio che ci sia, lavando quando il colore è ancora fresco, con buona pace di chi usa gasolio, kerosene, solventi vari.
Lavoreremo dunque con semplice acqua: su un discreto cartone, magari inumidito, le terre fanno già presa, ma si possono legare con qualche goccia di glucosio, o caseina, o con Primal o anche Vinavil o qualche altro centinaio di mestiche che sarà affascinante studiare, esistendone ampia letteratura; illustri colleghi sono doviziosi di consulenze, rivelando a volte anche i segreti di Pulcinella. Si comincia stendendo campiture, sperimentando la mescolanza delle tinte e regolando la densità della materia, esercitandosi a dare pennellate uguali ed accostate per riempire le superfici, le pennellate grosse e stese vanno bene per imbiancare, e si danno con grosse pennellesse, qui si sta lavorando in altro modo. Usare poche tinte permette di sfumare facilmente usando quantità diverse d'acqua, così si studiano volumi ed ombre, bene anzi cominciare con una sola tinta, un effetto seppia, magari poi si potrà tingere il chiaroscuro lavorando con la trasparenza, come facevano gli antichi. Trattandosi di colori non fissati, tenderanno a muoversi con le velature, generando impasti non di rado antiestetici: si può ovviare fissando con semplice lacca spray da parrucchieri, di solito la più economica è anche la più forte. Non manca chi potrà obiettare che la trasparenza della lacca non è totale, ma credo che nessuna vernice o fissativo abbia una trasparenza totale, l'aria stessa non è trasparente: l'Arte sta nel trarre vantaggio dalle particolarità della materia, utilizzando come effetto ciò che non si può modificare: l'opacità ambrata della lacca potrà dare sapore antico, la scarsa coprenza di un Bianco di Zinco potrà suggerire lattiginose nebbie, e così via. Se il primo lavoro non ci soddisfa, ne facciamo subito un altro, cercando di capire dove s'è sbagliato; il miglioramento si vede già subito, ma riguardando a distanza di tempo i lavori sbagliati, matureremo quel senso critico che ci farà crescere con costanza.

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